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Leggi anche il NON libro "Cammina tre lune nelle mie scarpe"

giovedì 8 febbraio 2018

Cammina tre lune nelle mie scarpe. Parte quarta - Cap.13


               Parte quarta

 Equidistante
             
Equidistante: l’etimologia della parola esprime alla perfezione il mio stato d’animo. Ugualmente distante.
Io, al centro di me: lontano, staccata, disinteressata sia dal mio cuore che dalla mia mente.
Neutra, un involucro di corpo, in cui  si, sono presenti cariche negative e positive in egual misura, ma che non ha nessun tipo di attività. Viaggio, giorno dopo giorno in questa sorta di limbo, priva di sofferenza, ma senza particolari gioie.


Operazione pulizia, così l'ho chiamata, o raptus di follia, non saprei, ma sento il profondo bisogno di porre un divario, da tutto.
Cancello tutte le e-mail dei contatti artistici, rimuovo numeri telefonici, cestino progetti.
Rinnovo casa, imbianco, restauro alcuni mobili, sposto i quadri in un luogo lontano dalla mia vista. Organizzo un armadio con i ricordi poetici.
Chiudo a chiave tutto, dentro e fuori di me, lontano da me.
Poi, respiro.
Respiro l’aria che sento sulla mia pelle, la faccio mia, mi nutro di essa in silenzio. Evito il pc, il tefolono, il tablet, imparo a rivivere la natura. Le camminate a fianco della mia fedele Yuma, il torrente, il sole, la montagna.
Ora, gli occhi miei non brillano; sono lo specchio della mia anima, la vera espressione di tutte le facce che siamo capaci di presentare in ogni situazione, sono la parte più sincera del viso.

 Ebbene, tralascio il desiderio di voler essere qualcosa di diverso da ciò che sono ed esperimento il cambiamento di accettare quello che non posso diventare.
Insomma, per potersi tollerare veramente per quello che si è, è auspicabile liberarsi dai progetti illusori su noi stessi.
Focalizzo la situazione osservandomi dall'esterno come se fossi un estraneo, cercando di apprezzare  tutte le diverse sfaccettature, cosciente del fatto che non tornerò più ad essere ciò che ero, semplicemente perché il tempo è passato e ha lasciato le sue carezze e le sue cicatrici.
Decisivo sarebbe accettarsi totalmente, non solo con i propri punti forti, ma anche, e soprattutto, con quelli deboli. Chi si permette e si concede la possibilità di vedersi debole, in genere ha un sano senso di autostima, perché sa guardare con umorismo ai propri limiti o ferite. Nel momento in cui ci riconciliamo con essi, le ferite diventano la nostra forza, uno scrigno da custodire, da portare dentro per tutta la vita, una ricchezza personale. Ovvero, ciò che ci distingue.

Un percorso a tratti doloroso, ma necessario.
Oggettivamente, ognuno di noi è capo di se stesso. 
Ho dunque a disposizione un ampio margine d’azione. 
Scrivo versi per imprimere il momento. Scrivo per me.


Tutto iniziò con la fine.

Perché non c’è termine

All’Anima che si apre
All’Oltre che senti
Allo Scrigno del cuore
Che pulsa.

Irrequieta danza
Su dura corteccia del re degli alberi.

Maestosa dignità
Anche in un piccolo ramo di quercia.



Foto by ©Raffreefly

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