Violenza psicologia su minore
Quella sera di giugno, l’ennesima lite tra i suoi genitori, la portò a nascondersi, spaventata, tra il lavandino di pietra della cucina e il frigorifero. Accucciata, infinitamente piccola, quasi volesse rendersi invisibile.
I suoi occhi erano così fondi che parean più scuri; fissavano un punto lontano, sperando che la porta della cucina si aprisse.
La lite degenerò e il frigorifero ricevette un pugno, muovendosi.
Lei, rimase ferma, quasi senza respirare, si portò le mani sulle orecchie.
Ripensò ai suoi cani; loro sarebbero stati in grado di aiutarla e farla uscire da quella nicchia di fortuna.
L’aria era quasi irrespirabile, densa di parole fredde, villane, dolorose.
Se si fosse messa a piangere forse si sarebbero accorti di lei; se si fosse messa a urlare … se … Il coraggio però le mancava, non riusciva a muoversi da quella scomoda posizione.
Non una lacrima … non un urlo. Solo paura.
Poi, all’improvviso, finalmente qualcuno girò la maniglia della porta. Le due persone smisero un attimo di urlare, guardando quella figura che, con passo deciso entrò e chiamando per nome la piccola, la prese in braccio e la portò via.
Fuori, dove le stelle disegnavano il cielo illuminandolo, mano nella mano con il suo salvatore, riuscì a respirare.
I suoi cani, alti quanto lei, le trotterellavano a fianco, proteggendola, ancora una volta.
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